Giorgia Soleri racconta il dramma della malattia che l’ha colpita. Ecco cosa ha dichiarato sui suoi canali social.
Giorgia Soleri è una modella diventata famosa agli occhi del grande pubblico soprattutto per la sua relazione amorosa con il cantante leader dei Maneskin, Damiano David. Tuttavia, è una delle più importanti testimonial di una delle campagne di sensibilizzazione per la vulvodinia e neuropatia del pudendo. Purtroppo sono migliaia le donne che soffrono di queste patologie, ma c’è poca informazione a riguardo e anche solo per arrivare a una diagnosi passano solitamente all’incirca dieci anni.
Nei giorni scorsi ha condiviso sul suo profilo di Instagram la sua storia sull’endometriosi, per cui ha dovuto subire un intervento chirurgico. Ma purtroppo non ci sono cure definitive per guarire da questa patologia. Ecco cosa ha detto nel dettaglio.
Attraverso un post davvero molto toccante in cui mostra come era il suo corpo dopo l’operazione, Giorgia Soleri ha voluto condividere il suo percorso nella lotta all’endometriosi. L’influencer ha detto: “Un anno fa, il 21 Marzo, ricevevo la mia diagnosi di endometriosi e adenomiosi. Cinque mesi dopo, il 20 Agosto, finivo sotto i ferri sperando di poter finalmente iniziare una vita lontana dal dolore. Sono stata fortunata (non sempre è così), l’intervento ha ampiamente diminuito la sintomatologia dolorosa legata all’endometriosi“.
E prosegue: “Ma ad oggi una cura definitiva ancora non c’è, gli anni di ritardo diagnostico continuano ad essere 7-10 pur colpendo (si stima, al ribasso) 1 persone assegnata femmina alla nascita su 10. Per questo è così importante questa giornata. Non possiamo cambiare il passato, ma forse possiamo provare a costruire un futuro diverso per chi, ancora oggi, si danna in un dolore senza nome e senza legittimazione”.
E in ultimo aggiunge: “Da qualche parte ho letto che se ascolti davvero una persona, l’endometriosi non è mai stata realmente così silenziosa. E silenziosa, nel mio caso, non è stata mai. Urlava come avrei voluto urlare io dopo le decine e decine di visite fatte snocciolando i miei sintomi uno dopo l’altro per sentirmi dire, in continuazione, che ero in perfetta salute. Come avrei voluto urlare quando il dolore era così forte da farmi rimettere e svenire, quando a 14 anni ho avuto il menarca e mentre tutti erano entusiasti io scoprivo troppo presto un corpo che ti si rivolta contro. Come avrei voluto urlare durante i miei troppo presenti ingressi al pronto soccorso. Come le infinite volte in cui sentita dire che ero esagerata, drammatica, ipocondriaca, con la soglia del dolore bassa. Invece, a stare in silenzio son stata io, per 11 lunghi anni, accompagnata da un senso di inadeguatezza che mi nauseava quasi quanto quel dolore che a un certo punto ha iniziato ad attanagliarmi le pelvi come una dolorosa cintura di spine anche quando non avevo le mestruazioni, anche durante la minzione, la defecazione, i rapporti sessuali. Per questo ho promesso a me stessa, e a quella ragazzina confusa, che non sarei mai più stata in silenzio e anzi, che ne avrei parlato sempre, anche a costo di risultare ripetitiva, noiosa, pedante. Per provare a dare un senso al dolore che spesso un senso non ce l’ha, e per provare a evitare ad altre persone questo incubo”.
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