Parrebbe che, negli over 50, la fibrillazione atriale possa essere scoperta meglio con lo smartphone. Quest’ultimo infatti raddoppierebbe la possibilità di rilevare l’aritmia.
Ad oggi basta dunque uno smartphone per fare uno screening della fibrillazione atriale sulla popolazione generale. Chiaramente sarebbe poi il medico ad accertare la diagnosi e provvedere al trattamento per ridurre il rischio di ictus nel paziente. L’aritmia aumenta, infatti, fino a cinque volte il rischio di ictus.
La speciale app
Ognuno, specialmente le persone over-50, potrebbero accedere a una applicazione dedicata sul proprio telefono e rilevare con maggiore precisione la fibrillazione arteriale e raddoppiare il tasso di rilevamento rispetto alle tecniche di routine come la valutazione del polso o l’elettrocardiogramma. È lo studio eBRAVE-Af, presentato al Congresso della Società Europea di Cardiologia e coordinato da Axel Bauer dell’Università di Innsbruck a segnalare il progresso tecnologico fatto in questo particolare settore.
Certamente un supporto tecnologico davvero utile. Una volta individuata un’anomalia, infatti, si può tempestivamente intraprendere un trattamento anticoagulante o qualsiasi terapia mirata a ridurre il pericolo di ictus nel paziente.
La centralità del ruolo del medico
L’applicazione scaricabile su Smartphone è certamente un primo step fondamentale, che permette di riuscire a svelare prima possibile la fibrillazione atriale. È poi il medico ad accertare e verificare la diagnosi prodotta tramite il dispositivo tecnologico e ad attivare terapie mirate a debellare il rischio di ictus nel paziente. L’aritmia, infatti, facilita la formazione di coaguli che possono andare ad ostruire i vasi che irrorano il cervello, provocando la comparsa di ischemie cerebrali. La preziosità del nuovo strumento tecnologico sta nel fatto che può rendere nota, in tempi brevi e facilmente, la patologia anche a persone che non sanno di averla, dando loro modo di intervenire, grazie all’ausilio del medico, con cure farmacologiche.
Gli studiosi hanno testato ben otto diverse strategie di screening: sei utilizzando dispositivi indossabili al polso e due utilizzando la palpazione del polso e l’elettrocardiogramma. I sei dispositivi tecnologici indossabili al polso, utilizzavano fotopletismografia, che prevede l’uso non invasivo di una sorgente luminosa al polso per misurare le variazioni del volume del sangue come indicatore del polso, e l’elettrocardiogramma.
La ricerca che è stata svolta ha preso in esame oltre 5500 persone di età media 65 anni e per un terzo donne. Di questo gruppo non vi era alcuna diagnosi di fibrillazione atriale né assunzione di farmaci anticoagulanti.
Le 5500 persone sono state divise in due gruppi. Il primo ha usufruito dell’applicazione scaricata nello smartphone per misurare le irregolarità delle onde del polso grazie ad un sensore fotopletismografico del telefono. Nel secondo gruppo, invece, si è effettuato lo screening in base ai sintomi, ad elettrocardiogrammi occasionali ed altri metodi tradizionali.
Nell’arco di 6 mesi l’aritmia è stata “stanata” nell’1,33% nel braccio che utilizzava lo smartphone contro lo 0,63% nei soggetti sottoposti alle comuni strategie di screening. Estendendo il tempo di “prova” oltre i sei mesi è stata comunque dimostrata la superiorità dello screening digitale rispetto a quello tradizionale.